sabato 22 maggio 2010

tanto tempo dopo...

Ho raccolto le poesie di questo blog e altre ancora, tutto il mio repertorio, nel libro
"Frammenti nel tempo" disponibile sia in formato cartaceo che elettronico al seguente indirizzo:

sabato 27 dicembre 2008

Natale...

Il cuore diventa soave e leggero quando è carezzato dalla magia di Babbo Natale...



Al di là delle terre conosciute vi è un regno i cui confini sono alte mura di nebbia. Tutti i suoi abitanti vivono senza mai aver contatto con gli altri popoli che abitano il nostro pianeta.

Fu in questo luogo, che durante un freddo Natale, strane vicende, tramandate da generazione in generazione, accaddero ad un micio dall’arruffato pelo bianco di nome Frac.

Eccolo li, sulla collinetta, con i baffi ed il naso all’insù ad ammirare la danza delle stelle ed a parlare con la sua amica Luna. Se non fosse per la chiazza nera sulla fronte e sulla punta della coda non si distinguerebbe neanche dalla coltre di neve che d’inverno qui tutto ricopre.

Una sera, con suo grande disappunto, vide il cielo buio come mai prima, tutto il firmamento all’improvviso era scomparso. Nessuna luce illuminava le vallate innevate o gli alti alberi della foresta dei mille profumi, i lineamenti di tutte le cose si sottraevano alla vista.

Il giorno seguente con grande trepidazione il micio Frac, al calar della notte, si precipitò sulla collina e immobile aspettò per ore. Nulla, il cielo continuava ad essere spento. E così continuò il giorno dopo, quello successivo ancora e ancora.

Con il cuore pieno di turbamento decise di andare a chiedere al saggio custode dell’arte delle risposte il perché di questo nefasto accadimento. In tutto il regno, infatti, lui era l’unico a poter sapere ciò che stava succedendo.

Il saggio custode dell’arte delle risposte era un pesce di nome MacaMas, famoso in tutto il regno tanto per la sua vanità che per le sue spesso indecifrabili parole.

Frac si mise in cammino verso l’eremo che il saggio pesce aveva scelto come luogo dove posare il suo acquario. Dopo un breve tratto sui sentieri della foresta dei mille profumi, arrivò alla strada principale del regno, la strada delle pietre parlanti. Attento a non calpestare le pietre, altrimenti avrebbe dovuto sentire i loro improperi, cominciò a seguire questa via quando, dopo un po’, si accorse di un singolare fatto. Lungo il cammino incontro molti mercanti che facevano ritorno nella capitale. Al loro seguito vi erano anche i loro figli, bambini tutti molto tristi e delusi in volto. 

Ma perché questi bambini dovrebbero essere cosi infelici con il Natale alle porte? Forse anche loro si erano accorti della sparizione della luna e delle stelle? Pensò tra sé il micio Frac. Spinto dalla sua irrefrenabile curiosità fermò un viaggiatore.

“Scusate signor viandante, posso rivolgervi una domanda?”

“Dite pure egregio gatto” rispose gentilmente il mercante.

“Ho notato che i vostri figli sono tutti molto tristi. Ma che cosa è successo? Non sarà per via del cielo completamente nero?

“No” rispose rassegnato l’uomo, “Quest’anno Babbo Natale non ha portato i loro doni e noi non riusciamo a capire il perché”

“Questo è molto strano” rispose Frac, “forse sarà in ritardo”.

“No caro gatto, giunge voce che in  tutto il regno sia così”.

“Oh, ci voleva anche questa. Mi sto recando al saggio custode dell’arte delle risposte, se volete posso chiedergli se ne sa qualcosa”

“Ve  ne sarei molto grato Frac”

“Va bene, vi riferirò la sua risposta. Arrivederci a presto” fece il micio rimettendosi in viaggio.

Dopo tre notti e tre giorni di viaggio e dopo aver calpestato ripetutamente le pietre parlanti, pur avendo provato in ogni modo ad evitarle, e ricevuto i loro bruschi rimproveri, Frac arrivò ai piedi di una lunghissima scalinata.

Stanco e con una certa fame, un fatto certamente sconveniente per un gatto che stava per incontrare un pesce, salì una per una quelle alte e strette scale. Sembravano costruite appositamente per rendere il più scomodo possibile l’arrivo all’eremo.

Finalmente, lasciato alle spalle l’ultimo scalino, bussò all’enorme portone d’oro.

Una voce piccola piccola mormorò “chi è che bussa alla mia porta?”

“Mi chiamo Frac, grande saggio. Posso entrare?”

“Prego accomodatevi”

Frac entrò, camminò per un corridoio ai cui lati vi erano grandi tende blu con ricami dorati. Vide un riflesso azzurro provenire dalla porta in fondo, si faceva sempre più intenso, profondo. Quando Frac fece per entrare nella sala rimase incredulo a guardare lo spettacolo di luce che investiva i suoi occhi. La stanza aveva una forma ottagonale, in ogni lato c’era uno specchio appeso alla parete. Le loro cornici, interamente in oro, erano incastonate pietre preziose che formavano un mosaico di cristalli. Sul pavimento, esattamente al centro, un enorme acquario le cui acque limpide e ondulanti diffondevano i raggi del sole, provenienti  dal soffitto, sulle pietre delle cornici che, riflettendoli una moltitudine di volte, inondavano l’intera stanza di un mare etereo di blu, celeste, azzurro. Una danza che colorava d’acqua l’aria donandole la propria anima.

Tutti questi colori si inseguivano, rincorrendosi ora fuori ora nella testa di Frac che dovette strizzare gli occhi per tornare alla realtà. Capì allora che le voci sulle vanità del saggio erano vere. Tutti gli specchi infatti stavano li, appesi in modo che il pesce MacaMas potesse guardarsi da ogni angolo. 

“Su entrate! Che cosa state facendo lì, immobile sull’uscio?” 

Frac si girò verso quella voce e vide un grande pesce rosso con delle lunghissime e variopinte pinne che scendevano lungo le branchie come morbide trecce. Guardandolo un po’  interdetto, incominciarono a balenargli in mente tutte le scatole di sardine che aveva mangiato e quasi impaurito pensò tra sé e sé “Spero che non erano suoi parenti. E se ha una lista di tutti i gatti divoratori di pesce cosa potrei…”   

“Allora gatto, volete introdurvi al grande saggio o avete intenzione di rimanere assorto nei vostri pensieri”. Con queste parole MacaMas interruppe  bruscamente le elucubrazioni di micio Frac e proseguì “dovete sbrigarvi perché fra pochi minuti verrà l’estetista per la pinnecure.”

“Le pennicure?” pensò disperato Frac “no, questo non può essere il grande saggio, il più grande conoscitore del regno!”. Ma non c’era spazio per dubbi, il pesce che nuotava elegantemente nel grande acquario davanti ai suoi occhi esterefatti e perplessi era proprio il grande saggio custode dell’arte delle risposte.

Finalmente Frac si decise a esporre i suoi quesiti.

“Grande MacaMas, lasciate che mi presenti. Mi chiamo Frac e come potete vedere sono un gatto. Avrei due cose molto importanti da chiedervi.”

“Avanti Frac domandate pure”.

“Non so se avete notato, ma sono molte notti il cielo è senza stelle e senza luna, come se fossero state rubate. Sapete quale arcano segreto si nasconde dietro a questo strano avvenimento?”

“Si, ho notato Frac come è nero il cielo dopo il tramonto. Se volete conoscere le strane circostanze che si celano dietro a questi eventi dovete cercare un uomo che non trova la strada per andare la dove i desideri di molti lo aspettano.”

“Una risposta difficile da decifrare in pieno stile del grande saggio” pensò Frac, ma era inutile sperare di ottenere chiarimenti da MacaMas. Si pronunciava solo una volta per ogni argomento propostogli da chi giungeva lì al suo eremo.

Il micio avrebbe pensato dopo a come interpretare le parole del saggio custode, ora aveva da sottoporgli il problema del mercante incontrato durante il viaggio.

“Scusate MacaMas, ci sarebbe un’altra cosa.”

“Vi ascolto” annui sbattendo le palpebre dei grandi occhi da pesce, i più tondeggianti che il gatto avesse mai visto.

“ Lungo il tragitto per la vostra dimora ho notato una grande tristezza sul volto dei bambini e bambine incontrati. Allora ho chiesto il perché ad un mercante, padre di uno di questi bambini. Fu così che appresi che Babbo Natale non ha distribuito doni in nessun luogo del regno. Ho promesso di chiedere a voi il perché di ciò”

“Frac”, disse con tono risentito, “voi non siete molto attento, questa domanda me l’avente già fatta”

“Non capisco, che cosa intendete?” bofonchiò stupito il gatto.

“Andate andate ora mi caro, l’estetista mi attende e ho già risposto esaurientemente ai vostri quesiti.”

Il gatto, con aria rassegnata, salutò il saggio e uscì da quella stanza immersa nell’azzurro.

 Mentre scendeva la ripida e lunga scalinata che lo aveva portato all’eremo, Frac era perso in mezzo ad  un groviglio di pensieri e di dubbi. “Chi sarà quest’uomo che non trova la strada? Dove lo potrò trovare? E poi cosa avrà voluto dire MacaMas quando ha detto che gli avevo già rivolto la domanda su Babbo Natale? Come era possibile una cosa del genere se questa era la prima volta che lo incontravo?” 

Tutti questi interrogativi tormentavano la mente del micio che camminava assorto lungo la via senza accorgersi di dove andava. Calata la sera, il cielo era ancora privo  delle sue brillanti gemme e questo richiamò Frac, dal labirinto dei misteri dove si era perso, alla realtà. Si ritrovò vicino al ciglio di una parete rocciosa da cui si poteva vedere tutta la vallata del regno, ma in quella notte buia aveva l’aspetto di un grande manto di scuro velluto. All’improvviso all’oscurità che lo circondava si contrappose il lampo di un’idea nella sua testa  che lo portò a comprendere le parole del saggio. “Se MacaMas ha insistito che io gli ho già fatto la domanda sul Natale e, non avendolo mai incontrato prima, vuol dire che le domande che oggi gli ho rivolto erano in verità una sola e quindi la persona che devo cercare è Babbo Natale.” Frac interruppe per un attimo il suo ragionamento come per compiacersi della sua deduzione e poi lo assalirono nuovi dubbi “Babbo Natale? Si è perso? Ma dove? E come lo trovo?”

Era ormai tardi e provato dalla lunga giornata cadde in un profondo sonno.

All’indomani si svegliò quando il sole era già alto in cielo. Un cielo terso, di un azzurro pallido come tutti i colori invernali. Gettando lo sguardo all’orizzonte inspirò profondamente l’aria fredda e secca per destarsi dal torpore, quando sentì una voce  da sopra le sue orecchie chiamarlo.

“Frac? Sei tu? Ma che ci fai da queste parti?”

Il micio alzò la testa “Ciao Dolciosa, come stai? Quanto tempo è passato dall’ultima che ci siamo visti”.

Sopra alla sua coda stava volteggiando Dolciosa, una paffutella e bianchissima  nuvola che amava gironzolare per  quelle terre nei giorni di sole, amica del nostro  gatto.

Frac con i baffi all’insù raccontò a Dolciosa tutto sui fatti di cui era stato testimone e del compito arduo che l’aspettava.

“Ehi Frac, posso fare un volo perlustrativo sul regno per vedere se lo trovo, ci impiegherei molto meno tempo di te.” 

“Te ne sarei molto grato Dolciosa.”

“Ok, allora vado. Ci vediamo presto.”

“Ciao Dolciosa, ti aspetto qui.”

Le ombre degli alti alberi indicavano al trepidante micio in attesa che erano già trascorse quattro ore dalla partenza della nuvoletta. Ne passò almeno un’altra prima del suo ritorno.

“Frac, Frac credo di averlo trovato!” disse Dolciosa con voce  affannata  per il faticoso giro volante.

“Dov’è? Sei sicura?” esclamò il micio.

“Credo di si, ho visto uno strano uomo con la barba bianca che sta vagando per la foresta. Lo sai che non parlo la lingua degli umani, dunque non ho potuto chiedergli chi è. Devi scendere questa parete scoscesa e seguire il fiume dei gamberi ballerini fino alla cascata dell’acqua che sale, lì c’è un piccolo sentiero che si inoltra nella vegetazione, seguilo per centotrenta salti di rana e lo troverai.”  

“Ti ringrazio tantissimo Dolciosa, adesso vado che mi aspetta un lungo cammino.”

“Ciao Frac e sta attento.”

Sgranocchiata velocemente una tavoletta di cioccolato, il gatto si mise in viaggio alla volta di Babbo Natale.

L’oscurità scese in fretta e la neve si faceva sempre più alta, Frac riusciva a tenere scoperto a malapena il suo musetto, con la chiazza nera in fronte, per vedere dove stava andando.

Ormai ricoperto completamente dal manto bianco, il micio sentì una voce borbottare nel buio e subito gridò “Babbo Natale, siete voi?”

“Ecco, non bastava che mi fossi perso, adesso sento anche la neve parlare!” disse con tono contrariato l’anziano barbuto.

“Ma no che neve, sono Frac. Sono qui.”

“Qui dove? Io vedo solo neve! La foresta o la mia testa si sta prendendo gioco di me!”

Frac, allora, accese un fiammifero per farsi vedere. “Sono il gatto Frac e stavo cercando voi.”

“Scusate gatto, ma al buio non vi avevo distinto dalla neve, siete troppo bianco!”

“Ma voi non dovreste essere rosso?” domandò un po’ interdetto Frac, “perché avete il vestito verde invece che rosso?”

“Verde? Oh no, ho messo per sbaglio la tenuta da casa! Ma senza luce non vedo proprio nulla. Dovete sapere che la mia casa è illuminata dalle stelle e dalla luna e come avrai notato sono sparite da molti giorni.”

“Vuol dire che siete uscito con il pigiama?!”, Frac non riuscì a non ridere.

“Ma siete venuto fin qui per prendermi in giro? Vi ricordo che sono Babbo Natale e che se continuate così vi ritroverete con un sacco di carbone!” 

“No, vi prego scusatemi per la battuta. Sono qui perché ho chiesto al saggio Macamas il motivo della sparizione degli astri in cielo e di quello per cui  voi non aveste ancora consegnato i doni natalizi. Lui mi ha detto di trovare voi ed eccomi qua.”

“MacMas? Quello  è vanitoso per quanto è dotto e non gli sfugge mai niente. Come avete visto caro micio il cielo è completamente oscurato e senza stelle le mie renne non possono volare  e, ahimé, io non posso consegnare i regali ai bambini per Natale.”  

“Ma voi sapete perché non ci sono più né stelle né luna in cielo? E come farle ritornare?” chiese con gli occhi pieni di speranza Frac.

“Magari fosse una cosa semplice. Vedete, tutti gli oggetti che brillano nella volta sopra di noi, la luna le stelle, sono i sogni e le speranze degli esseri che abitano ogni angolo del pianeta. In questi tempi però non si sogna più, i cuori sono diventati aride e fredde steppe dove alberga solo l’imperativo di avere. Lo spirito del Natale è ormai divenuto uno sconosciuto per grandi e piccini e per tutto questo deserto di sentimenti i fari del cielo ci hanno abbandonato.”

Le parole di Babbo Natale fecero stringere il cuore a Frac. “Ma non si può far niente per rimediare a questa situazione?” mormorò triste il gatto.

“Temo proprio di no mio simpatico amico.”

Non poteva essere così, non ci sarebbe stato più Natale. I ricordi delle feste passate con mamma micia gli tornavano in mente, forse non ci sarebbero stati altri momenti del genere. I dispiaciuti visi dei bambini incontrati per strada avrebbero aspettato invano Babbo Natale. Frac non avrebbe più rivisto la sua cara luna. Tormentato da  tutti questi pensieri il micio scoppiò a piangere.

 Le lacrime scendevano dai suoi occhioni grandi e piano scivolavano giù sul suo  pelo arruffato fino  a terra. Ma cadute sul soffice manto di neve, che ricopriva tutta la vallata, d’incanto si trasformarono in brillanti cristalli di luce che cominciarono a volteggiare in una soave melodia  sopra le teste di Babbo Natale e di Frac, sorpresi e meravigliati da quello che stava accadendo. 

Le luci si muovevano sempre più velocemente formando intere costellazioni che d’un tratto esplosero come un fuoco d’artificio. Un fuoco d’artificio i cui frammenti, invece di cadere giù, volarono in cielo e li diventarono stelle.

Il gatto e l’anziano rimasero a bocca aperta per lo stupore, la notte era di nuovo illuminata dagli astri.

“Frac, ci sei riuscito mio terrestre amico”, così una voce tanto musicale e pura si rivolse al micio, che riconoscendola rimase pietrificato per la sorpresa.

“Oh amica Luna, sei tu! Ma come è possibile? Poco fa   Babbo Natale mi ha spiegato il motivo della vostra assenza. Finalmente i sogni e l’amorevolezza sono tornati nei cuori di tutti?” Frac sorrise per aver ritrovato la sua candida amica lassù.

“Purtroppo no. Io e gli altri celesti abitanti, però, promettemmo che se avessimo sentito anche solo la preghiera di un animo dolce e pieno di bontà in questo mare di insensibilità, saremmo tornati per portare la luce nelle ore dell’oscurità. Non l’hai ancora capito micio? Il tuo pianto è stato quella preghiera.”

Queste parole riempirono di gioia il cuore del nostro amico a quattro zampe, incominciò a saltare insieme a Babbo Natale così intensamente che caddero, dopo poco, nella fresca neve che ora sembrava un coperta d’argento.



 


giovedì 25 settembre 2008

Nada es para siempre

Alla fine dell'estate viene la pioggia che lava via fiori, frutti, colori e il profumo di libertà del mare. Una pioggia che entra nei nostri castelli e arriva fino alle loro fondamenta, li scuote per farli crollare perché eretti su sofferenze di speranze infrante.



DAL TURBINE DEI MIEI SENTIMENTI
CHE DA TEMPO LA MIA ANIMA
LOGORA
SGORGANO INTIMI PERCHE'
CHE SVELANO LA TRISTEZZA DI ANNI
DISSOLTI CERCANDO.
GIOCHI, PAROLE, INTENZIONI
FURONI TRAVESTIMENTI DELL'INGANNO
FINCHE' IL DESIDERIO DI NATURA
LAVO' VIA 
COME SPORCIZIA
IL CANDIDO CALORE
DEL COMUNE SENTIRSI.
DELLA LEZIONE CHE SVUOTA IL MIO ESSERE
NON EBBI CURA
E PRESTO L'INCANTEVOLE SIRENA
DI NUOVO INTONO' IL SUO CANTO.
QUESTA VOLTA INNOCENTE E PURO.
DOLCI AMICIZIE CHE ACCAREZZARONO
IL MIO VISO
DIVENTANO LAME ROVENTI
CHE GELANO LE ALI
DELLA MIA FANTASIA.
DI PIETRA 
I DESIDERI
IL SOLCO PROFONDO DEL MIO IO
SI RIEMPE ANCORA 
DI DESOLAZIONE.
VOLANO NEL VENTO I RICORDI
DI ESISTENZE ORMAI SVANITE,
DI PERSONE 
NON PIU' CONOSCIUTE 
E
DI INUTILI RINUNCE.
ARDIDO NELL'INTIMO TROVARSI
CADO LENTAMENTE
NEL GRIGIO ORDINE
PERVASO DI FALSE SENSAZIONI.
VEDO PERDERSI
IL RIFUGIO COSTRUITO
NELL'INNOCENZA
CHE PRESERVO'
L'ILLUSIONE DELLE MIE PENE
DALLE CATENE DI GHIACCIO
CHE NEGANO 
LE FRAGILI SPERANZE.

lunedì 23 giugno 2008

Scivolando via

Una brevissima percezione, una parola all'orecchio sussurrata dall'invisibile. La profonda consapevolezza dell'incombente, dell'ineluttabile che accarezza la nostra pelle lasciando una scia di freddi brividi e l'intuizione di quel muto addio.


OCCHI
CHE NON VOGLIONO 
VEDERE.
CIECHI 
INTRAPPOLATI 
NEL BUIO 
DI UNA LUCE FOLGORANTE.
SUSSURRANO INTIMORITI
E LA LORO VOCE
RIECHEGGIA LONTANA
SORDA.
E PIANO
INSIEME ALL'ORIZZONTE 
TUTTO DIVENTA VANO.




venerdì 30 maggio 2008

prigione di salvezza

Un altro giorno si avvia verso la fine, un'altra catena la nostra mente ha gettato. Sempre più immobili, sempre più invasi dalla sensazione di non poterne uscire. E la spaventosa consapevolezza che queste catene allo stesso tempo ci imprigionano e  ci sorreggono.



L'ARGENTO 
CHE ORNA QUESTO SPECCHIO
E' ANCH'ESSO MACCHIATO DAL TEMPO.
GUARDO IL MIO RIFLESSO
E VEDO CHI VOLEVO ESSERE,
I MIEI OCCHI CHE PARLANO
DELLE SPERANZE CHE SOGNAI.
MA QUELL'IMMAGINE
INTRAPPOLATA IN UN MONDI DI VETRO
MI FISSA
E A STENTO SI RICONOSCE, 
SI RITROVA.
ED E' PIU' LIBERA,
PIU' PURA
PIU' FELICE
DI ME. 

martedì 13 maggio 2008

caleidoscopio di sensazioni

 Riflesse nello specchio nostalgie che si rincorrono, fuggendo verso le estremità del tempo. Allontanandosi dal nostro desiderarle perché ottenerle significherebbe rinunciare a quello che noi siamo.



MOLTE FREDDE ALBE
LA MIA ANIMA HA VISTO.
MOLTE VIE VUOTE
LA LORO LUCE HA ILLUMINATO.
MOLTE LACRIME SONO CADUTE
SU QUEI SELCIATI.
E RITORNANO STANCHE PARENTESI
DELLA MIA VITA.
MI GIUNGONO DAVANTI
SI FERMANO
E RECLAMANO TUTTA LA LORO ESISTENZA.
RICONOSCO RICORDI,
RICORDI CHE POTEVANO ESSERE,
RICORDI CHE NON SARANNO.
VORREI AFFERRARLI
RIPORTARLI IN ME
MA IL TAGLIENTE VENTO
CHE SPAZZA QUESTE LANDE
LI PRENDE CON SE'
DISPERDENDOLI
ED ESILIANDOLI
DAL MIO CERCARLI.

lunedì 5 maggio 2008

libertà che schiavizza

E' un fuoco che arde dentro, che brucia amori, amicizie, possibilità professionali. Travolge tutto e tutti e in suo nome siamo disposti a travolgere noi stessi? Ad essere incatenati e schiavi della libertà?


L'INCHIOSTRO NON PARLA PIU'
A QUESTO FOGLIO 
E MILLE VERITà
SONO INTRAPPOLATE 
IN QUESTO BIANCO.
SI DIVINCOLANO NEL NIENTE
PER USCIRE 
E SBIADISCONO ANCHE LORO
SENZA ESSERE MAI STATE
PENSATE
PRONUNCIATE 
O SCRITTE.



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QUALE FACCIA
DI QUALE DADO
DOMANI
LA MIA ANIMA SARA'?
E SARA'
LA MIA ANIMA?